REDS #1 NOVEMBRE 2011fanzine anticapitalistada RomaIL NOSTRO GRASSO GROSSO POMERIGGIO GRECOQualche spiffero di vento greco e mediorientale comincia, timidamente, ad arrivare anche dalle nostre parti. Come il 14 dicembre scorso, anche il 15 ottibre roma è stata teatro della esplosione di rabbia del settore sociale che paga la crisi economica.
Per ora, queste esplosioni di rabbia sono ancora occasionali, ma sono comunque il risultato di una situazione che, se oggi non è esplosiva, sicuramente si sta riscaldando (almeno in confronto agli anni scorsi).
Ma da chi è composto questo settore sociale? In buona parte da lavoratori sempre più sfruttati e precari, da disoccupati, da studenti ben consci del loro non allegro futuro sociale ed economico, da lavoratori una volta "garantiti" e dal così detto "ceto medio" in via di impoverimento.
Persone, soprattutto quelle più giovani (fra le maggiori protagoniste in queste occasioni), che frequentano più gli stadi od i bar e le strade delle grandi e desolate periferie delle nostre città, piuttosto che l'ambiente dei "compagni", con tutte le sue liturgie e centri (sempre meno) sociali.
Anzi, quelle liturgie, fatte di vuote assemblee, con le solite facce che si trascinano da decenni, sono finite in pezzi, con nostra grande gioia, come le vetrine e le madonnine.
Le assemblee avevano deciso che San Giovanni doveva essere la piazza pacifica e che i "casini", se proprio non si poteva evitarli, dovevano scoppiare ai fori imperiali? E' successo il contrario!
Perchè? Proprio perchè le assemblee di "movimento", soprattutto a roma, rappresentano quasi solamente qualche decina di burocrati, fra loro litigiosi ed in competizione, non certo uno spaccato sociale, incazzato, che, per fortuna!, sta facendo irruzione nei "nostri" noiosi cortei, poco rispettoso delle buone maniere e di pretese gerarchie.
"E' la crisi, bellezza!" Lo scontro sta diventando aspro, ed in mezzo non si può stare. Non basta dare cascate, a casaccio, in faccia a chi affronta la polizia per spegnerne le ragioni economiche e sociali. Come non basta mandare le foto in questura e denunciare i "violenti".
Comunque, c'è da analizzare i motivi di questa "delazione di massa". La folla, si sa, è facilmente eccitabile, e lo dimostra l'isteria con cui una parte del corteo insultava, aggrediva ed addirittura consegnava agli sbirri gli "incapucciati" isolati. Forse anni di forzato pacifismo di partiti e movimenti di "sinistra" e la loro crociata in favore della "legalità", dei magistrati, della polizia (tutto fa brodo pur di andare contro Berlusconi!), hanno dato i loro frutti...
Ma c'è di più. Ancora dura l'illusione che questo sistema, il capitalismo, possa essere salvato o migliorato. Non si capisce che crisi, guerra, sfruttamento, umiliazione, morte ne sono la regola, non l'eccezione.
Per risolvere i mali della crisi bisogna invece abbatterlo!
E per questo non serve il pacifismo o la non violenza, o sperare in un trattamento di favore, meno repressivo, magari perchè si è fatto arrestare un "black block".
Quindi, ben venuti nuovi ribelli, le strade sono nostre, riprendiamocele!
TRUZZI, TAMARRI, ZARRI, CUOZZI, ZALLI, TASCI, COATTI, BOLLARI, TARRI, COZZALI DI TUTTO IL MONDO, UNITEVI!!da Milano
SFRUTTAMENTO BRUTALE E LOTTE VINCENTI DEI LAVORATORI DELLE COOPERATIVE DELLA LOGISTICA"Mi sembra che il mondo virtuoso delle cooperative, un mondo da apprezzare e che in tempi di crisi ha dato segni straordinari di lavoro e solidarietà, meriti un trattamento migliore di quello che gli é stato riservato nella recente manovra economica"
Cardinal Tarcisio Bertone, Segretario di Stato Vaticano
Una persona comune, sentendo parlare di cooperative, penserebbe ad una forma di lavoro mutualistico, con pari condizioni per i lavoratori stessi, servito in passatoper emanciparsi dai singoli padroni dal punto di vista economico.
Nella realtà odierna al capitale non è risultato difficile riuscire a sfruttare, capovolgendo a proprio favore i meccanismi di questa forma organizzativa del lavoro, creata dagli operai oltre 160 anni fa tramite lotte durissime.
In Italia la forma della società cooperativa (anticipatrice sui tempi rispetto agli altri paesi dell’occidente), è riuscita ad azzerare le conquiste compiute in vari settori lavorativi, a partire da quello della logistica e della grande distribuzione di merci.
Negli anni ’70, il settore nel quale i salariati venivano spremuti maggiormante era quello della grande industria.veniva spremuto maggiormente il lavoro salariato era la grande industria. Oggi, dopo la delocalizzazione di buona parte dell' industria italiana in paesi dove la manodopera costa molto meno,il nostro paese è divenuto principalmente luogo di consumo delle merci e il maggiore profitto viene dalla movimentazione delle merci stesse.
Come avviene, di fatto, questo brutale sfruttamento dei lavoratori di cui parliamo? Ecco qui sotto alcuni delle pratiche, meccanismi, cause e modalità più frequenti:
-per quanto riguarda la legge, i lavoratori fanno perlopiù riferimento al regolamento interno della cooperativa, (e non al Contratto Nazionale di Categoria) il quale contiene varie norme antisindacali e di ricatto, come ad esempio il divieto di parlare a terzi delle condizioni lavorative dentro la cooperativa stessa, per non “ledere” l’immagine dell’azienda, cui può essere conseguente la sospensione del “socio” lavoratore;
-stretto controllo della produttività, tramite un calcolo che riporta al vecchio meccanismo del cottimo (es.: chi non raggiunge la quota di merci scaricate e caricate calcolata come ideale in un determinato lasso di tempo, riceverà minacce di licenziamento, multe, detrazioni dal salario etc, a seconda della cooperativa);
-viene richiesta un’innaturale flessibilità degli orari di lavoro e della disponibilità del lavoratore: innanzitutto il lavoro è molto spesso a chiamata, in ore spesso distribuite in maniera poco compatibili con la vita del singolo (es.: può venir richiesto di presentarsi sul luogo di lavoro più volte nell’arco delle 24 ore, senza considerare il tempo dei viaggi di andata e ritorno); possibilità di "forzare" le ferie, spesso non pagate, nei periodi di calo produttivo; nel caso dell’aumento della produzione invece non esiste un limite di orario di uscita dal luogo di lavoro, costringendo molti operai agli straordinari sottopagati, in nero;
-la velocità d’esecuzione del lavoro e gli sforzi fisici conseguenti richiesti non permettono di rispettare le norme per salvaguardare la salute degli operai, causando entro pochi anni lesioni gravi e permanenti, specialmente alla schiena;
-per quanto gli operai possano essere assunti anche a tempo indeterminato, la maggior parte delle cooperative, ogni due anni circa dichiara fallimento, cambiando nome, e potendo riassumere gli operai (od assumerne dei nuovi) a sempre nuove condizioni salariali o ridimensionare il numero dei lavoratori impiegati, come nel caso dell’attuale crisi economica.
Il 95% degli operai è immigrato, a volte anche senza il permesso di soggiorno, e quindi facilmente ricattabile e sottoposto alle condizioni scritte qua sopra.
Di fronte a queste condizione lavorative, da tre anni a questa parte, prima nel polo logistico Bennet di Origgio poi in tutta la Lombardia ed in zone del Piemonte e dell’Emilia, si sono mobilitati i lavoratori di 54 cooperative scendendo in sciopero e spesso bloccando con picchetti l’entrata ed uscita di merci dei poli logistici, facendo perdere centinaia di migliaia di euro a ciascuna azienda committente.
Lotte per lo più vincenti, organizzate attorno al sindacato intercategoriale S.I. Cobas (in un’ottica classista, antirazzista ed internazionalista) e grazie all’appoggio del coordinamento di sostegno a queste lotte formatosi nella provincia di Milano tra vari centri sociali, comitati, collettivi e gruppi politici di area radicale e classista. Ad ogni nuovo picchetto sono presenti sempre più operai provenienti da altre cooperative già entrate in lotta, rendendoli di volta in volta più forti ed efficaci.
Non sono lotte rivoluzionarie, ma il fatto che questi lavoratori, che sono giuridicamente tra i più deboli, riescano a far rispettare anche solo il Contratto nazionale di categoria (firmato in passato da ben altri sindacati, i confederali, che oggi pugnalano alle spalle la maggioranza dei proletari), da una posizione d’attacco (e non di difesa, come nella maggioranza degli altri settori), rende comunque queste lotte di estrema importanza per il futuro di tutta la classe lavoratrice.
Mentre scriviamo sono in lotta i lavoratori del polo logistico gestito dal consorzio S.A.F.R.A. (che comprende tre cooperative), che lavora per l’Esselunga, tramite il quale passano le merci distribuite in tutti i supermercati Esselunga del Nord-Italia.
Il proprietario di questa azienda è Bernardo Caprotti, anche legato ai grandi gruppi economici e mafiosi vicini a Berlusconi e soci, ed è un osso duro. Non ha mai fatto entrare alcun sindacato che lottasse dentro l’azienda (tranne CGIL-CISL-UIL, per lo più corrotti ed asserviti ai suoi interessi, infatti) , e anche una sua piccola sconfitta sarebbe un precedente che aprirebbe un varco ai suoi 20000 dipendenti ed anche ai lavoratori di molte altre aziende. I lavoratori delle cooperative al servizio dellesselunga sono però incazzati e determinati. Potrebbe perciò l’inizio della riscossa dopo decenni di sfruttamento sempre più selvaggio, ridando energia e radicalità e solidarietà di classe alle lotte di migliaia di lavoratori!
Edited by cucchiaroni82 - 6/12/2011, 10:36